Una scuola senza voto? Tanti potrebbero pensare ad un'utopia, molti all'ennesimo tentativo di evitare gli ostacoli alle nuove e viziate generazioni, la maggioranza degli studenti e degli insegnanti ad un'enorme liberazione.
Cambiare ottica ed uscire dalla concezione di una valutazione numerica dell'apprendimento è difficile, ma scuole che hanno provato a ribaltare questa prospettiva votocentrica esistono e l'argomento merita sicuramente una riflessione approfondita .
VOTO O NON VOTO?
L'opinione diffusa è che senza la pressante pratica dei voti venga meno ogni possibile impegno e partecipazione degli studenti, che però in questo modo imparano a porsi solo due obbiettivi: la sufficienza e la promozione.
Molto spesso al fine di superare il numero 5 nella verifica orale o scritta imposta dal professore, gli alunni ricorrono a trabocchetti ed inganni ormai testati nel tempo; mentre dall'altra parte gli insegnanti stessi devono riuscire a non farsi prendere in giro dai ragazzi. In questa visione lo studente assimila il principio di dover studiare per il castigo/premio che ne consegue e non per coltivare una passione e seguire un interesse.
L'indifferenza verso ciò che scorre tra le pagine dei libri aumenta e Dante, Seneca, Newton, Shakespeare saranno solo mezzi con i quali raggiungere il dolcetto promesso.
Tra docente e alunno si viene a creare un rapporto di antagonismo, ma lo stesso può avvenire parallelamente anche con i compagni. Il raggiungimento del successo personale
di un singolo studente è spesso visto come di intralcio dal gruppo classe, e tra i ragazzi arriva chiaro il messaggio di guardare all'altro come a qualcuno da superare, qualcuno con cui gareggiare per stabilire chi è “inferiore” e chi, invece, è “il migliore”; filosofia che, dopo aver averci accompagnato per l'intero percorso scolastico, sarà automaticamente trasportata nella vita di tutti giorni e nell'ambito del lavoro.
ALTERNATIVE CONCRETE.
Tantissimi sono gli intellettuali, gli insegnanti ed i pedagogisti che hanno contestato il sistema della valutazione numerica, sottolineando come una scuola senza voto non significa assenza di valutazione.
In Italia è stata fondata una delle uniche scuole con una realtà di questo tipo: “La scuola del Gratuito” a Forlì. In questa scuola il voto e le diverse forme di certificazione sono state eliminate e sostituite da un processo dialogico e narrativo nel quale l'insegnante segnala le diverse difficoltà sulle quali l'alunno dovrà lavorare, proponendo consigli per superarle, ma evidenzia anche gli obiettivi raggiunti, l'apprendimento, le qualità dimostrate sia in ambito strettamente scolastico che relazionale, emotivo e sociale.
Il riferimento più noto a questo tipo di esperienza è la Scuola di Barbiana di Don Lorenzo Milani, ma più vicine a noi anche la “Summerhill” in Gran Bretagna, la “Kapriole” di Friburgo ( in Germania), la “Hadera” in Israele: tutte scuole nelle quali viene proposto un metodo alternativo dove si tenta di svincolare la pedagogia dai meccanismi del profitto, cercando di focalizzare l'attenzione sull'evoluzione della persona e non sul gradino dove collocarla.
DOMANDE APERTE.
Ovviamente per poter abolire un sistema che è stato adottato ormai da anni, andrebbe affiancata di pari passo una riforma che trasformi spazi, metodi, tempi ,obiettivi, contenuti.
E' possibile cambiare la mentalità, la cultura e la società senza che la situazione sfugga di mano? Da un tipo di scuola come questa uscirebbero ragazzi non in grado di confrontarsi con la realtà spietata, competitiva e individualista? Si toglierebbe valore a prassi meritocratiche che posso essere per gli studenti strumenti di autovalutazione concreti e immediati?
Voto o non voto? Ad un interrogativo così complesso è difficile dare una risposta, ma è necessario continuare a porselo.
Adele Santi